Sette titoli NBA con 3 franchigie diverse: più di Jordan, Kareem, Duncan, Kobe, LeBron e più di chiunque altro dal 1976 ad oggi. Quale miglior momento della settimana delle NBA Finals per raccontare la storia del cestista più vincente dell’era moderna?

Robert Horry rappresenta la declinazione più elitaria del concetto di “role player”: non una superstar, ma un comprimario capace di farsi trovare sempre pronto, uno stretch four che entrando dalla panchina sapeva incidere sia con la sua difesa, che in attacco, grazie alle spiccate doti di tiratore, senza quasi sentire la pressione del momento, perchè se tutti ti chiamano “Big Shot Rob” vuol dire che quando la palla pesa inevitabilmente te la troverai in mano.

Gli inizi

Robert Horry nasce il 25 Agosto 1970 nella contea di Harford in Maryland, figlio del sergente scelto dell’esercito americano Robert Horry Sr. A causa dei continui spostamenti del padre Horry si ritrova a frequentare il liceo ad Andalusia, in Alabama. Qui vince nel suo anno da senior il premio di giocatore liceale dell’anno. Anche per l’università Horry sceglie di rimanere in Alabama, giocando per 4 anni e 133 partite totali per i Crimson Tide, al fianco, tra gli altri di Latrell Sprewell. Nei suoi anni sotto coach Wimp Sanderson Horry guida Alabama per 2 volte alle Sweet 16 dopo la vittoria della Southern Conference.

L’arrivo in NBA

Nel 1992 Robert Horry si dichiara eleggibile per il draft, nel quale viene selezionato con l’11esima scelta dagli Houston Rockets. Nella sua stagione  da rookie i Rockets, che potevano contare su un Hakeem Olajuwon già stella affermata della lega, ottengono il secondo seed ad ovest, superando 3-2 i Clippers al primo turno. Nella successiva serie contro i Seattle Supersonics Horry, seppur rookie, dimostra di non sentire alcuna pressione segnando, in gara 7, il canestro del 93-91 Rockets con 33 secondi da giocare ed il cronometro dei 24 che stava scadendo. Nonostante questo saranno però Payton, Kemp e soci ad imporsi 4-3 all’overtime.

La stagione 1993-94 è già un autentico spartiacque per la carriera di Horry: nel gennaio 1994 infatti lui ed il compagno Matt Bullard finiscono a Detroit in cambio di Sean Elliot, o per meglio dire, finirebbero, se a quest’ultimo non venisse diagnosticata un’insufficienza renale durante le visite mediche facendo saltare la trade. Houston quell’anno ottiene ancora il secondo seed ad ovest, superando Portland al primo turno per 3-1 e poi 4-3 i Phoenix Suns. Per approdare alle Finals servono invece i 22 punti di Horry nella gara 7 al The Summit contro gli Utah Jazz. Tra i Rockets ed il titolo ci sono soltanto i New York Knicks, capitolati anche loro in gara 7 consegnando così ai Rockets il primo titolo della loro storia.

Il secondo titolo

È però il 1994-95 a trasformare Horry in “Big Shot Rob”: dopo una partenza difficoltosa infatti i Rockets, grazie anche all’arrivo di Clyde Drexler, riescono ad agguantare i playoff con un misero 6° seed. Da qui però cambiano marcia: Horry ne segna 21 nella gara 2 decisiva per ribaltare il fattore campo in un primo turno vinto 3-2 ai danni degli Utah Jazz; al secondo turno anche i Suns di Barkley cadono per mano dei Rockets, corsari a Phoenix in gara 7. Alle finali di conference ci sono gli Spurs, puniti subito da un jumper di Horry a 6.5 secondi dalla fine di gara 1 per ribaltare, il fattore campo. Horry si ripeterà con altri 21 punti 2 giorni dopo nella seconda vittoria dei Rockets a San Antonio ed anche nella decisiva gara 6, marchiata con 22 punti, che consegna ai Rockets le seconde NBA Finals, contro gli Orlando Magic.

Qui Olajuwon e compagni iniziano vincendo le prime 2 partite in Florida, ma in gara 3 sono decisi a riprendersi il maltolto: la partita è tirata: 101-100 in favore dei Rockets, mancano 15 secondi dalla fine quando Hakeem Olajuwon riceve in post basso fronteggiato da Shaquille O’Neal, ma anziché attaccarlo riapre trovando Horry sulla linea del tiro da 3 punti; l’ex Crimson Tide tira senza esitare: canestro e +4 Rockets, che vinceranno per 106-103 la partita.

Horry marchierà anche la successiva, e decisiva, gara 4 con 21 punti e 13 rimbalzi, consegnando così ai Rockets uno storico titolo: nessuno infatti aveva mai mai alzato il Larry O’Brien Trophy partendo da un seed così basso.

L’addio ai Rockets

Non riuscirà però il three-peat ad Horry e compagni, che nella stagione successiva verranno eliminati, al secondo turno, con un secco 4-0, dai Seattle SuperSonics; serie nella quale Horry è aspramente criticato perchè, a detta di molti, doveva prendersi più responsabilità. I Rockets decidono così di andare all-in nella stagione successiva, unendo a Clyde Drexler ed Hakeem Olajuwon anche Charles Barkley, che arriva dai Suns in cambio di Chucky Brown, Mark Bryant, Sam Cassell e proprio Robert Horry.

L’avventura di Horry in Arizona dura molto poco però a causa di un alterco con l’allora allenatore dei Suns Danny Ainge, al quale l’ex Rockets tira addirittura un asciugamano. Il 10 Gennaio del 1997 così Robert Horry approda ai Lakers in cambio di Cedric Ceballos.

I Los Angeles Lakers

Ai Lakers cambia definitivamente anche il ruolo di Horry, che, dopo gli anni giocati in quintetto a Houston come ala piccola, ricopre in gialloviola quello di ala grande. I playoff 1997 vedono i Lakers uscire al secondo turno contro gli Utah Jazz di Stockton e Malone, ma Horry in gara 2 stabilisce il record, ancora imbattuto, per il maggior numero di triple segnate ai playoff senza errori, mettendo a bersaglio 7 triple su altrettanti tentativi.

Anche la stagione 1997-98 avrà un identico epilogo: Lakers sconfitti dai Jazz, stavolta però in finale di Conference, dopo aver eliminato Blazers e Sonics. L’annata successiva è quella del lockout, con Horry che accusa anche problemi fisici che lo costringono a saltare diverse partite, sarà peròcomunque in campo nei playoff, nei quali i Lakers subiranno una nuova eliminazione al secondo turno, questa volta per mano dei San Antonio Spurs.

I nuovi titoli da sesto uomo

la stagione 1999-2000 vede un ulteriore cambiamento per Horry, che da titolare diventa la riserva di A.C. Green, seppur con un minutaggio di tutto rispetto. Nel frattempo Kobe Bryant è maturato e Shaquille O’Neal è semplicemente il giocatore più dominante della lega, i Lakers totalizzano la bellezza di 67 vittorie in regular season, superando prima 3-2 i Kings, poi 4-1 i Suns ed infine i Blazers per 4-3, approdando alle Finals contro gli Indiana Pacers. Qui in gara 4, con i Lakers avanti 2-1 e O’Neal fuori per falli Horry segna 17 punti, che, uniti alla grande prestazione di Bryant, portano i Lakers a sbancare la Conseco FieldHouse in gara 4 e poi a vincere il titolo tra le mura amiche nella successiva gara 5.

Nonostante si fermino a “sole” 56 vittorie in stagione regolare i Lakers 2000-01 sono una macchina ancor più perfetta di quelli dell’anno precedente. I playoff sono letteralmente senza storia: 3-0 ai Portland Trail Blazers al debutto e doppio 4-0 rifilato ai Sacramento Kings prima e ai San Antonio Spurs poi. Serve una prestazione for the ages di Allen Iverson in gara 1 delle NBA Finals allo Staples Center per infliggere ai Lakers la prima sconfitta della postseason. Sconfitta che però non lascerà scorie ai Lakers, vittoriosi nella successiva gara 2.

NBA Finals 2001: Laker @ 76ers Game 3

Si va a Philadelphia sull’1-1 e gara 3 vede i 76ers condurre 88-86 ad un minuto dalla fine prima che un gioco da 3 punti realizzato da Kevin Ollie ribalti il parziale, incrementato successivamente quando Brian Shaw pesca in angolo Robert Horry, che prima, con 47.1 secondi da giocare, segna la tripla del 92-88 e poi segna anche i successivi 4 tiri liberi che suggellano il 96-91 con cui i Lakers espugnano il First Union Center, impresa ripetuta anche 3 giorni dopo e coronata dal trionfo di gara 5 allo Staples Center che consegna loro il secondo titolo consecutivo.

2002: i playoff di Big Shot Rob

Diventano 58 le vittorie dei Lakers nella stagione successiva, sufficienti a qualificare i gialloviola ai playoff con la testa di serie numero 3. La sfida coi Portland Trail Blazers al primo turno sembra avere poco da dire: gli uomini di Phil Jackson vincono le prime 2 partite, mentre nella terza sono sotto 91-89 a 10 secondi dalla fine quando Bryant riceve la palla in punta dalla rimessa e attacca Ruben Patterson andando verso destra prima di scaricare nell’angolo per Horry, che senza pensarci neppure lontanamente lascia partire la tripla che schiaffeggia la retina e vale il sorpasso dei Lakers sul 92-91 con 2.1 secondi da giocare, ma al suono della sirena il punteggio rimarrà invariato dando così ai Lakers il passaggio del turno.

Alle semifinali di Conference i losangelini liquidano i San Antonio Spurs con un altrettanto perentorio 4-1 guadagnandosi il diritto di sfidare i Sacramento Kings, testa di serie numero 1, alle finali di conference. A differenza delle precedenti questa serie è molto più combattuta e vede i Lakers conquistare il fattore campo in gara 1 per poi perderlo nuovamente in gara 3.

Western Conference Finals 2002: Laker vs Kings Game 4

Si arriva così a gara 4 con i Lakers nuovamente sotto 99-97 con 11.8 secondi da giocare e Kobe Bryant che attacca Doug Christie, il quale lo manda verso l’aiuto di Vlade Divac, nonostante l’opposizione del centro serbo il giocatore da Lower Merion High School alza la parabola, ma il pallone viene sputato dal ferro, O’Neal prova il tap in a canestro fallendo a sua volta e Divac vince la successiva lotta a rimbalzo, riuscendo però solo a trovare il tap out e facendo finire il pallone tra le mani di Robert Horry, che dalla punta, con un solo secondo rimasto sul cronometro, scaglia la tripla che sancisce la vittoria dei Lakers per 100-99.

La serie, passata alla storia come una delle più controverse di sempre per via di alcune dubbie decisioni arbitrali, verrà vinta per 4-3 dai Lakers, che poi metteranno in bacheca il terzo titolo consecutivo grazie allo sweep inflitto ai New Jersey Nets alle NBA Finals.

La stagione 2002-03 è in completa controtendenza rispetto alle tre precedenti: i Lakers, dopo una stagione da 50 vittorie, superano i Timberwolves per 4-2 al primo turno, per poi però arrendersi subito dopo ai San Antonio Spurs con identico punteggio, con Horry ancora una volta sul baco degli imputati per un complessivo 0/18 da 3 nell’intera serie.

La firma con gli Spurs

Per la stagione 2003-04 Horry si accasa da free agent ai San Antonio Spurs, freschi campioni NBA, nonchè giustizieri dei Lakers qualche mese prima. Il primo anno alla corte di coach Popovich vedrà però andare in scena la vendetta di quanto accaduto nella stagione precedente: Spurs eliminati per 4-2 dai Los Angeles Lakers al secondo turno di playoff.

Nell’annata successiva gli Spurs si presentano ai playoff dopo una stagione regolare da 59 vittorie e sono proprio i 17 punti di Horry in gara 5 a chiudere il primo turno di playoff contro i Denver Nuggets. I texani superano poi per 4-2 prima i Seattle SuperSonics e poi i Phoenix Suns, approdando alle finals per sfidare i Detroit Pistons campioni in carica. Guidati da Duncan e Ginobili gli Spurs si impongono nelle prime 2 sfide tra le mura amiche, con i Pistons che riagguantano la serie nelle prime 2 sfide al Palace di Auburn Hills. Gara 5, sempre in Michigan, è fondamentale ed entrambe le squadre lo sanno: 48 minuti non bastano, serve un supplementare.

L’overtime si avvia verso la conclusione: Detroit conduce 95-93 con 9.5 secondi da giocare. Horry rimette in gioco il pallone servendo Ginobili che taglia verso l’angolo sinistro , su di lui arriva immediatamente il raddoppio di Rasheed Wallace, che commette l’errore di lasciare solo lo stesso Horry. Ginobili mette la palla nuovamente nelle mani del suo numero 5 che immediatamente scocca il tiro e segna il canestro che consente agli Spurs di espugnare il Palace. Saranno 21 i punti di Horry in quella partita, tutti tra ultimo quarto ed overtime. I Pistons terranno viva la serie vincendo gara 6 a San Antonio, ma usciranno sconfitti in gara 7 consegnando il titolo agli uomini di Gregg Popovich.

L’ultimo titolo

Nonostante le 63 vittorie della stagione 2005-06 non riuscirà il repeat agli Spurs, eliminati al secondo turno in un derby texano dai Dallas Mavericks per 4-3. Ha un finale diverso invece la stagione 2006-07: dopo i 58 successi in stagione regolare gli Spurs superano i Nuggets per 4-1 al primo turno, per poi trovarsi contro i Phoenix Suns. Nella gara 4 di questa serie Horry si rende protagonista di un gesto rivedibile: colpisce con un’ancata il playmaker dei Suns Steve Nash, facendo scaturire una rissa che coinvolge tra gli altri Raja Bell e Boris Diaw. Questo gesto gli costerà 2 partite di squalifica, ma gli Spurs vinceranno comunque quella serie per 4-2, per poi imporsi anche sugli Utah Jazz in finale di conference ed andare a sfidare i Cleveland Cavaliers di LeBron James alle NBA Finals spazzandoli via con un secco 4-0.

Anche questa volta però non riuscirà agli Spurs l’impresa di difendere il titolo: dopo aver superato 4-1 i Phoenix Suns e poi 4-3 gli Hornets si arrenderanno infatti alle finali di conference per 4-1 ai Lakers dell’MVP Kobe Bryant.

Al termine della stagione scade anche il contratto che legava Robert Horry agli Spurs, rendendolo free agent. Ormai quasi 38enne non troverà però una squadra disposta ad offrirgli un contratto ed annuncerà quindi il proprio ritiro.

Perchè celebrare Robert Horry?

Come detto in apertura sicuramente quando si nomina Robert Horry non si cita un giocatore appariscente, una superstar capace di segnare 30 punti ogni notte, anzi, le sue (modeste) cifre parlano di 7.0 punti, 4.8 rimbalzi e 2.1 assist di media in 1107 partite giocate; cifre che salgono 7.9 punti, 5.6 rimbalzi e 2.4 assist nelle serie di playoff e ulteriormente a 9.7 punti, 5.9 rimbalzi e 2.9 assist alle NBA Finals. Numeri che spiegano bene cosa abbia portato Robert Horry a sollevare per 7 volte il Larry O’Brien Tropy: la sua capacità di esaltarsi nei momenti topici: quelli il cui esito fa la differenza tra una stagione trionfale ed una fallimetare.

Perchè un titolo, specie da comprimario ,si può vincere semplicemente avendo la fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto e magari rimanendoci più anni ci si può anche ripetere, ma se vinci prima con i Rockets di Hakeem Olajuwon, poi con gli Spurs di Tim Duncan ed infine coi Lakers di Shaquille O’Neal e Kobe Bryant, per un totale di 7 titoli; se nessun giocatore, senza giocare con Bill Russell, è riuscito a fare meglio, è perchè sei anche tu uno di quelli che rende giusti quei posti e quei momenti.

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