Tra meno di 10 giorni, precisamente la notte (italiana) del 23 Giugno si terrà il draft NBA. Un draft che si attende con trepidazione da inizio stagione vista la presenza di Victor Wembanyama, secondo molti “un giocatore come in NBA non se ne sono mai visti”, accompagnato da pressioni che rendono il paragone con LeBron James tutto fuorchè blasfemo, almeno per quanto riguarda le aspettative riposte.
Non ce ne voglia l’ormai ex giocatore dei Metropolitans, però si ripete come un mantra, anche tra gli addetti ai lavori che “il draft non è una scienza esatta”; sono molti sia gli esempi di giocatori chiamati molto in alto, ma che hanno avuto carriere NBA non all’altezza, sia dell’esatto opposto, ovvero giocatori scelti anche oltre il primo giro che sono diventati delle vere e proprie superstar ( qualcuno ha detto “Nikola Jokic”?).
Oggi però vogliamo spingerci ancora più in basso, parlando di chi, tra i 60 nomi chiamati in quella fatidica notte, il proprio non lo ha sentito nemmeno pronunciare, ma che nonostante questo si è reso protagonista di un’ottima carriera in NBA, vincendo un titolo e svariati premi individuali. Come avrete letto dal titolo stiamo parlando di Ben Wallace.
Gli inizi ed il college di Ben Wallace
Ben Wallace nasce il 10 Settembre 1974 nella cittadina di White Hall in Alabama, decimo di 11 fratelli. Frequenta poi la Central High School di Hayneville, al termine della quale viene inserito nelle squadre statali di ben 3 sport: pallacanestro, baseball e football americano.
Per continuare gli studi si iscriverà poi al Cuyahoga Community College a Cleveland, nella cui squadra di pallacanestro comincia a far intravedere le sue grandi doti di difensore tenendo le impressionati medie di 17 rimbalzi e 6.9 stoppate a partita.
Dopo 2 anni nel college dell’Ohio viene notato nel 1991 ad un training camp da Charles Oakley. L’allora giocatore dei New York Knicks suggerisce così il nome di Wallace al suo ex college: Virginia Union. Ben Wallace risponderà trascinando i Virginia Union Panthers alle Division II Final Four con un record di 28 vittorie e sole 3 sconfitte, con una solida doppia doppia di media da 13.4 punti e 10 rimbalzi. Inoltre nell’ultimo anno a Virginia Union viene nominato nel primo quintetto sia della Central Intercollegiate Athletic Association che della Division II, in entrambi i casi con il voto degli allenatori.
Nel 1996 così, terminato il college, Ben Wallace si dichiara eleggibile per il draft. Nella lista che si apre con Allen Iverson, andato a Philadelphia con la prima scelta assoluta, e si chiude con Darnell Robinson, chiamato dai Dallas Mavericks con la 58esima scelta, il suo nome però non figura.
Dopo questa delusione l’ex Virginia Union sceglie, come fanno molti in quella stessa situazione, di attraversare l’oceano atlantico, trovando un contratto in Europa, più precisamente in Italia, con la Viola Reggio Calabria, squadra con cui fa il suo esordio il 29 agosto 1996 nella sfida di coppa Italia contro la Faber Fabriano.
L’approdo in NBA: i Washington Bullets
Dura appena una partita però l’avventura di Ben Wallace in Calabria perchè a bussare alla porta del nativo dell’Alabama ci sono i Washington Bullets. La prima stagione nella capitale si chiude però con sole 34 partite disputate e nemmeno 6 minuti di media in campo.
L’anno successivo cambia sia il nome della franchigia (da Bullets a Wizards), che l’impiego di Wallace, che gioca 67 partite, di cui 16 da titolare, trascorrendo quasi 17 minuti di media in campo, raccogliendo quasi 5 rimbalzi di media a partita, oltre ad un recupero ed una stoppata.
Saranno 16 le partite da titolare di Big Ben anche nella stagione 1998-99, però sulle sole 46 disputate a causa del lockout. Partite nelle quali Wallace colleziona 6 punti, 8.3 rimbalzi e 2 stoppate di media in 27 minuti sul parquet.
Gli Orlando Magic
Dopo 3 stagioni, senza peraltro mai disputare la postseason, l’avventura del prodotto di Virginia Union agli Washington Wizards termina l’11 agosto del 1999, giorno nel quale viene mandato, insieme a Tim Legler, Jeff McInnis e Terry Davis, agli Orlando Magic in cambio di Isaac Austin. Con l’aggiunta di Wallace, come sempre molto più impattante nella metà campo difensiva che in quella offensiva, con i suoi 8.2 rimbalzi, 1.6 stoppate e 0.9 recuperi a partita, i Magic toccheranno quota 41 vittorie, insufficienti tuttavia per conquistare i playoff.
Ben Wallace passa ai Detroit Pistons
Dopo appena un anno termina anche la parentesi in Florida di Ben Wallace, finito ai Pistons, insieme a Chucky Atkins, nella trade che porta Grant Hill agli Orlando Magic. In Michigan le doti del nativo dell’Alabama sono esaltate sin da subito ed infatti chiuderà la prima stagione con soli 6.4 punti realizzati, ma ben 13.2 rimbalzi e 2.3 stoppate a partita, ma saranno solo 30 le vittorie dei Pistons in stagione.
I primi riconoscimenti
Nell’annata 2001-02 Ben Wallace guida la lega sia per rimbalzi (13) che per stoppate (3.5) a partita, cosa che gli vale il premio di defensive player of the year ed anche l’inclusione nel terzo quintetto All NBA (oltre che ovviamente nel primo difensivo).
È però anche l’anno dell’esordio ai playoff per il prodotto di Virginia Union, grazie alle 50 vittorie messe a referto dai Pistons. Esordio che Wallace marchia con una doppia doppia da 19 punti e 20 rimbalzi ai danni dei Toronto Raptors, in una serie che gli uomini di coach Rick Carlisle vinceranno per 3-2. Nella serie contro i Celtics il nativo dell’Alabama si ripeterà con 12 punti e 21 rimbalzi in gara 2, catturandone altrettanti in gara 3, ma i Pistons cadranno con un secco 4-1.
Identico record (50-32) accompagnerà i Pistons nella stagione seguente, in cui Wallace guida nuovamente la lega per rimbalzi (15.4 a partita, suo massimo in carriera), oltre a totalizzare 3.2 stoppate, coronando il tutto con il secondo titolo di difensore dell’anno, la prima apparizione all’All Star Game e la selezione per il secondo quintetto All NBA.
Ai playoff i Pistons fronteggiano i Magic al primo turno imponendosi per 4-3, con Wallace che sale di colpi sul finale della serie, ma se i 12 punti e 24 rimbalzi di gara 3 non bastano a portare una vittoria non si può dire lo stesso del 14+21 di gara 4 e del 20+17 di gara 5. Sarà decisiva invece anche la sua prestazione da 10 punti e 18 rimbalzi in gara 7 per superare i Philadelphia 76ers ed approdare alle finali di Conference, dove però saranno i New Jersey Nets ad imporsi con un secco 4-0
Il titolo NBA
Nel 2003-04 Ben Wallace allunga la striscia di selezioni nel secondo quintetto All NBA e nel primo quintetto difensivo (seppur senza vincere il DPOY) con una stagione da 9.5 punti, 12.4 rimbalzi, 1.8 recuperi e ben 3 stoppate a partita, con i Pistons, allenati ora da Larry Brown, autori di una stagione da 54 vittorie.
Nel primo turno coi Bucks Ben domina sotto le plance andando 4 volte in doppia cifra per rimbalzi su 5 partite, incluse le doppie doppie di gara 1 (17+14) e 2 (13+21), guidando i Pistons alla vittoria per 3-2.
Al secondo turno va in scena il rematch dell’anno precedente contro i New Jersey Nets. Anche in questa serie il dominio del numero 3 sotto i tabelloni è garantito: 2 volte sopra ai 20 rimbalzi (24, con 15 punti in gara 2 e 20 in gara 6), oltre alle doppie doppie di gara 1 (13 + 11) e gara 5 (16 + 11) per permettere a Detroit di consumare la sua vendetta eliminando i Nets per 4-3.
Anche gara 1 delle finali di conference contro i Pacers è una dimostrazione di puro dominio: 11 punti, 22 rimbalzi e 5 stoppate. Wallace si ripeterà in gara 4 con 17 punti e 16 rimbalzi ed anche nella decisiva gara 7 con 12 e 16, sfida che però non sarà l’ultimo scontro degno di nota tra Pistons e Pacers.
Le NBA Finals: Davide contro Golia
Alle NBA Finals i Pistons sembrano essere la vittima sacrificale dei Los Angeles Lakers, decisi a rifarsi dopo la sconfitta subita dagli Spurs l’anno prima che aveva interrotto a 3 la striscia di titoli consecutivi. Per farlo a Kobe Bryant e Shaquille O’Neal si sono aggiunti Karl Malone e Gary Payton, in quello che sembra un autentico super team.
Detroit però sorprende tutti e, nonostante i 59 punti del duo Bryant–O’Neal, si prende gara 1 grazie ai 22 di Billups. Sono però proprio l’8 ed il 34 dei Lakers a favorire, con 62 punti complessivi il pareggio, grazie al 99-91 per i gialloviola in gara 2.
Si vola così al Palace di Auburn Hills, dove la risposta dei Pistons è schiacciante: Bryant tenuto a soli 11 punti, mentre Ben Wallace limita O’Neal a 14. Lakers 68 – Pistons 88 grazie ai 31 di Richard “Rip” Hamilton. La risposta di Shaq non si fa però attendere: 36 punti e 20 rimbalzi in gara 4, ma 23 punti di Billups e 26 di Rasheed Wallace firmano un altro successo per gli uomini di Larry Brown, ormai ad una sola partita da un insperato trionfo. Ma il plus/minus più alto in quella partita, vinta 88-80, non è di nessuno dei top scorer, bensì di quello che, tra i 10 titolari, ha segnato di meno: Ben Wallace.
Il crollo dei Lakers si completa con il 100-87 in favore dei Pistons in gara 5, unica partita in cui Ben Wallace torna sui livelli delle altre serie di playoff: 18 punti, 22 rimbalzi e 3 recuperi, con un plus/minus di +23, ancora una volta il migliore dei suoi. Per tutti questi Pistons campioni NBA sono i “Bad Boys 2.0”, riferimento alla squadra che vinse 2 titoli a fine anni ‘80 guidata Isiah Thomas e Bill Laimbeer.
Malice at the Palace
Come detto anticipatamente la serie dei Playoff 2004 tra Pacers e Pistons non sarà l’ultimo atto di quella rivalità: nella stagione successiva infatti entrambe le compagini partono con l’idea di lottare per il dominio della Eastern Conference. Si arriva così al primo scontro stagionale con i Detroit Pistons (4-4) ad inseguire gli Indiana Pacers (7-2) dopo una partenza a singhiozzo.
È il 19 novembre del 2004, si gioca al Palace of Auburn Hills, casa dei Detroit Pistons, Pistons che però sono sotto 97-80 quando mancano poco più di 45 secondi alla fine. È tutto finito? Niente di più sbagliato. Ben Wallace riceve palla nel pitturato, effettua una virata e schiaccia di mano destra andando anche a subire il fallo di Ron Artest. Tra i 2 volano scintille e Wallace spintona il giocatore dei Pacers.
Ne nasce un parapiglia terrificante, con giocatori e staff di entrambe le squadre che si precipitano a dividere a 2; Artest viene allontanato e tutto sembra finire, ma mentre è sdraiato sul tavolo degli arbitri un bicchiere, lanciato dagli spalti, lo colpisce in pieno. Non essendo un giocatore noto per la sua indole tranquilla il numero 23 si alza e si precipita verso gli spalti deciso a farsi giustizia, coadiuvato da Jermaine O’Neal e Stephen Jackson, ma lo fa colpendo il tifoso sbagliato. Si scatena così il finimondo anche sugli spalti, a tal punto da rendere necessario l’intervento della polizia; ci sarà ancora tuttavia tempo per un faccia a faccia tra Artest ed un tifoso dei Pistons, colpito con un pugno dal futuro giocatore dei Lakers.
Le sanzioni
La NBA usò, giustamente, la mano pesante coi protagonisti di quella rissa. A farne maggiormente le spese furono gli Indiana Pacers, che persero Anthony Johnson per 5 partite, oltre a Reggie Miller e David Harrison per una. Artest fu invece squalificato per il resto della stagione, Stephen Jackson per 30 partite e Jermaine O’Neal per 15.
In più Artest, Jackson, O’Neal e Johnson subirono anche un processo penale che si concluse con la condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria, oltre ad un anno di libertà vigilata, l’obbligo di frequentare un corso per la gestione della rabbia e 60 ore di servizi sociali per tutti gli imputati, ad eccezione di Johnson, al quale ne toccarono 100.
Per i Pistons invece Chauncey Billups, Derrick Coleman ed Elden Campbell furono sospesi per una partita, mentre Ben Wallace ne dovette scontare ben 6.
Questo episodio passerà alla storia come “Malice at The Palace”.
Nuovi premi personali per Wallace
Nonostante questo episodio la stagione dei Pistons e di Wallace sarà comunque positiva: gli uomini di Larry Brown chiuderanno la stagione regolare con 54 vittorie, mentre il centro vincerà il terzo DPOY e verrà incluso nel secondo quintetto all NBA grazie ad una stagione da 9.7 punti, 12.2 rimbalzi e 2.4 stoppate a partita.
Al primo turno di playoff i Pistons superano 3-2 i 76ers, grazie anche ad una doppia doppia da 29 punti e 16 rimbalzi di Wallace in gara 3, guadagnatosi un secondo turno a dir poco pirotecnico: l’avversario? Gli Indiana Pacers, la cui stagione è stata fortemente cagionata dalle sanzioni dopo la rissa del 19 Novembre.
Ben Wallace ha qualcosa da farsi perdonare e mette subito in chiaro le cose con una doppia da 21 punti e 15 rimbalzi in gara 1, si ripeterà poi con 19 e 11 nella gara 5 che consegna ai Pistons il match point, sfruttato per chiudere la serie 4-2. Alle finali di conference va in scena una delle sfide cardine delle precedenti Finals: Ben Wallace contro Shaquille O’Neal, passato ai Miami Heat proprio dopo il fallimento di quei Lakers. Wallace autografa gara 1 con 13 punti e 13 rimbalzi, ma è solo l’antipasto di una serie combattutissima, tra le 2 migliori squadre della conference, che si concluderà soltanto a gara 7 con la vittoria dei Pistons, che vanno così a sfidare i San Antonio Spurs per il repeat.
Qui però, nonostante le 4 doppie doppie nelle ultime 5 partite messe a referto da Ben Wallace saranno gli uomini di Gregg Popovich a portarsi a casa il titolo vincendo 4-3, grazie anche alla tripla decisiva di Robert Horry in gara 5.
Il record
La stagione successiva è storica per Ben Wallace, che eguaglia Dikmebe Mutombo vincendo il quarto premio di difensore dell’anno ed ottenendo l’ultima selezione nei quintetti all NBA (sempre nel secondo); così come per i Pistons, che con una stagione da 64 vittorie stabiliscono il record di franchigia.
Ai playoff gli uomini di Larry Brown superano prima i Milwaukee Bucks per 3-2, poi i Cleveland Cavaliers per 4-3, andando così a giocarsi il rematch delle finali di conference dell’anno prima contro i Miami Heat. Diversamente dalle altre 2 volte però il duello tra centri è vinto da Shaquille O’Neal e dai suoi Miami Heat, che si impongono per 4-2 ed andranno poi a vincere il titolo NBA.
L’addio ai Pistons
Nella offseason 2006 Ben Wallace diventa free agent e firma un contratto con i Chicago Bulls. La prima stagione in Illinois si chiuderà con cifre leggermente inferiori all precedente e con l’inclusione nel secondo quintetto difensivo. I Bulls si guadagneranno, con 49 vittorie stagionali, l’accesso ai playoff ed un primo turno contro i Miami Heat, che vede opposti Ben Wallace e Shaquille O’Neal per il quarto anno consecutivo.
Gli Heat sono campioni in carica, ma privi di Dwayne Wade vengono sorpresi dai Bulls, che li eliminano con un secco 4-0, con 13 punti e 11 rimbalzi di Wallace a suggellare gara 4. Anche il secondo turno ha un qualcosa di nostalgico per Big Ben, che sfida la sua ex squadra: i Detroit Pistons: questa serie sembra prendere da subito una piega diversa, con gli uomini di coach Skiles che vanno sotto 3-0. In gara 4 con le spalle al muro Ben Wallace reagisce con 11 punti e 17 rimbalzi, che tengono i Bulls nella serie. Bulls che vinceranno anche gara 5, ma perderanno poi la serie per 4-2.
La stagione successiva si apre per i Bulls con un poco invidiabile record di 9-16, che costa il posto a coach Scott Skiles. Su Ben Wallace invece iniziano a pesare una serie di infortuni al ginocchio, con i quali conviveva a partire già dall’anno prima. Il 21 Febbraio Wallace diventa così oggetto di una trade a tre squadre che lo porta ai Cleveland Cavaliers, insieme a Joe Smith, Wally Szczerbiak e Delonte West. Ai Bulls vanno invece Shannon Brown, Larry Hughes, Cedric Simmons e Drew Gooden, mente i Seattle SuperSonics, terza squadra coinvolta nella trade, ricevono Ira Newble, Donyell Marshall e Adrian Griffin.
I Cleveland Cavaliers
Alla corte di LeBron James, vista la presenza di Zydrunas Ilgauskas nello spot di centro, coach Mike Brown decide di impiegare Ben Wallace nel ruolo di ala grande. L’impatto del nativo dell’Alabama nella metà campo difensiva è subito tangibile ed aiuta i Cavs ad agguantare i playoff, dopo le finals raggiunte l’anno prima.
In postseason i ragazzi di Mike Brown supereranno gli Wizards 4-2, per poi arrendersi però ai Boston Celtics del quartetto Allen–Pierce–Rondo–Garnett, futuri campioni NBA. Nonostante questo i Cavs guideranno la lega in ogni voce difensiva ai playoff, precedendo anche gli già citati Boston Celtics che annoveravano tra le loro fila il DPOY Kevin Garnett.
L’annata successiva vede i Cleveland Cavaliers guidare la Eastern Conference, stabilendo anche il record di franchigia, con 66 vittorie conquistate. Per Wallace però le cose non vanno altrettanto bene, infatti continua ad essere vittima di infortuni, per i quali salta l’ultimo terzo di stagione.
Ciononostante stringe i denti e si presenta in campo per i playoff, nei quali i Cavs superano prima i Detroit Pistons e poi gli Atlanta Hawks con un doppio sweep, ma dovranno arrendersi alle finali di conference agli Orlando Magic per 4-2.
Il 25 Luglio i destini di Shaquille O’Neal e di Ben Wallace si incrociano nuovamente, stavolta in uno scambio di casacche che porta The Diesel ai Cleveland Cavaliers, con Big Ben, Sasha Pavlovic ed una scelta al secondo turno che andranno ai Phoenix Suns. Vista però la situazione salariale della franchigia dell’Arizona Ben Wallace verrà subito tagliato per risparmiare sia i soldi del suo contratto che quelli della luxury tax.
Il ritorno a Detroit
Rimasto così free agent Ben Wallace firma un contratto con i Detroit Pistons. La situazione in Michigan è però fortemente diversa rispetto alla sua prima esperienza: la squadra è in una fase di ricostruzione e le 3 annate successive non vedranno i Pistons andare mai oltre le 30 vittorie stagionali.
Nonostante questo Wallace riuscirà comunque a togliersi qualche altra piccola soddisfazione: il 30 Novembre 2010 nella sfida contro i Magic ad esempio sfonda il muro dei 10mila rimbalzi, diventando il 35esimo giocatore a riuscirci nella storia della NBA. L’ultima milestone della sua carriera arriverà però nel 2012, più precisamente il 14 Febbraio, giorno nel quale disputa la partita numero 1055 della sua carriera, stabilendo il nuovo record per un giocatore undrafted. Record che Wallace ritoccherà fino a 1088 proprio alla fine della stagione 2011-12, al termine della quale, sempre più flagellato dagli infortuni, deciderà smettere.
Lasciare il segno pur non entrando dalla porta principale
Sei volte nei quintetti difensivi, 5 volte in quelli All-NBA, due volte miglior ribalzista ed una miglior stoppatore della lega. Tutto questo oltre ad un titolo NBA e ben 4 premi di DPOY, ad eguagliare il record di Dikembe Mutombo. Sono riconoscimenti che consegnano Ben Wallace alla storia del gioco come un giocatore che, seppur non toccando i 6 punti di media in carriera, ha saputo essere impattante grazie al suo lavoro nella metà campo difensiva, grazie alle sue doti di rimbalzista e stoppatore, unite ad un atletismo eccezionale che gli permetteva di fronteggiare i pari ruolo nonostante il deficit di altezza.
Non è però finita qui; infatti il 16 Gennaio 2016 i Detroit Pistons isseranno sul tetto della Little Caesars Arena la maglia numero 3 appartenuta a Ben Wallace nella sua prima parentesi in squadra (dal 2009 al 2012 vestì infatti il numero 6). Curiosamente sarà il primo dei giocatori vincitori di quel titolo NBA a ricevere quest’onore: si aggiungeranno poi Chauncey Billups, MVP di quelle Finals e Richard Hamilton.
Oltre al riconoscimento tributatogli dalla franchigia con la quale si è laureato campione NBA è arrivato per Ben Wallace anche il più grande riconoscimento che la NBA, in quanto lega cestistica, possa riservare ad un singolo giocatore. Nel 2021 infatti, insieme tra gli altri a Chris Bosh, Paul Pierce e Toni Kukoc, nell’elenco dei giocatori ammessi alla Naismith Hall of Fame figurava anche il nome di Ben Wallace, primo undrafted di sempre a riuscirci.
Un quarto di secolo. Venticinque anni. Tanto separa il non vedere il proprio nome accanto ad alcuna franchigia NBA dal leggerlo tra quelli dei più grandi di questo sport.