Se pensiamo alle franchigie con più prestigio nella storia della NBA la risposta può essere solo: Boston Celtics e Los Angeles Lakers. Queste infatti sono verosimilmente le uniche 2 franchigie capaci di far prevalere il proprio nome rispetto a quello delle star che ne hanno portato i successi sul campo: franchigie tra le più vincenti nella storia della lega, come i Bulls ed i Warriors legano indissolubilmente il proprio nome a Michael Jordan e a Steph Curry ad esempio, mentre i Los Angeles Lakers pur non considerando uno tra Jerry West, Magic Johnson o Kobe Bryant resterebbero una franchigia vincente, senza sparire nell’anonimato. 

Per i Boston Celtics il discorso è leggermente diverso: potremmo togliere uno tra Larry Bird e Paul Pierce ad esempio e resterebbero comunque una franchigia estremamente vincente, ma se oggi la legacy dei Boston Celtics gode di questa considerazione lo si deve a quella che oggi per tutti gli appassionati è “The Dinasty” e all’uomo che ha trasformato una squadra offensivamente molto talentuosa in un’autentica schiacciasassi: William Felton Russell, per tutti Bill.

L’infanzia ed il liceo

Bill Russell nasce il 12 Febbraio del 1934 a Monroe, in Louisiana e cresce in un ambiente fortemente segregazionista, in cui tutti gli afroamericani subiscono soprusi quotidianamente. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale la famiglia si trasferisce in Oklahoma, dove però vive in condizioni di estrema povertà. Bill cresce sviluppando un grande legame con la madre, poiché il padre, lavorando come camionista, non riusciva ad essere molto presente nella sua vita. Proprio per questo, in seguito alla morte della madre, avvenuta quando Bill ha appena 12 anni, il padre decide di accettare il lavoro in un’acciaieria per poter stare più vicino al figlio.

Bill cresce praticando, a livello scolastico, l’atletica leggera, poichè dotato di mezzi fisici decisamente fuori dal comune, oltre che di enormi mani. Il suo approccio alla pallacanestro non sarà roseo, almeno agli inizi; Bill infatti è molto grezzo sotto l’aspetto tecnico e rischia di venire escluso dalla squadra liceale di pallacanestro per ben 2 volte, finché alla McClymond’s High School ad Oakland il coach George Powles lo incoraggia, vedendo i suoi mezzi atletici, a lavorare sui fondamentali. Bill viene presto notato per il suo stile di difesa estremamente particolare per l’epoca: infatti in quel momento era prassi per un buon difensore non alzare mai i piedi dal parquet, Russell invece salta cercando sempre la stoppata, seguendo quanto aveva imparato praticando il salto in alto, e spesso e volentieri gli riesce, ma questo gli vale comunque i rimproveri degli allenatori perchè secondo loro non era il modo giusto di difendere.

Il College

Russell viene ignorato da diversi scout per via delle sue doti offensive tutt’altro che eccellenti, finché Hal DeJulio, osservatore dell’Università di San Francisco, rimane stregato dalle sue doti difensive e decide così di offrirgli una borsa di studio.

A USF Bill migliora ulteriormente le sue abilità difensive, non limitandosi a marcare i centri avversari, ma sfruttando a suo vantaggio la sua statura non imponente per il ruolo (208 centimetri) e la conseguente maggiore rapidità per aiutare anche sugli esterni avversari, riuscendo a contestare molto spesso i loro tiri. Coach Phil Woolpert non solo incoraggia questo tipo di giocate di Russell, ma crea proprio un sistema di gioco basato sull’attacco in transizione, sfruttando un’altra cosa in cui il nativo della Louisiana eccelleva: la capacità di trovare subito il proprio playmaker dopo aver catturato il rimbalzo.

Coach Woolpert inoltre è uno dei pochi in quell’America che non guarda al colore della pelle: nel 1954, schierando insieme a Russell Hal Perry e K.C. Jones sarà il primo a far partire in quintetto 3 giocatori afroamericani. Sotto la sua guida i Dons vinceranno due campionati: nel 1955 e nel 1956, realizzando anche una striscia di 55 vittorie consecutive. Il dominio difensivo di Russell è tale che la NCAA raddoppia l’area dei 3 secondi pur di tenerlo lontano da canestro. Nel 1955 Russell sarà anche eletto Most Outstanding Player, con una media di 20.3 punti e 20.7 rimbalzi.

Il 1956 sarà anche l’anno dell’oro olimpico per Russell, convocato nella selezione che trionferà alle olimpiadi di Melbourne.

I Boston Celtics

Prima del draft NBA del 1956 l’allora coach dei Boston Celtics Red Auerbach aveva individuato in Russell il giocatore perfetto per rafforzare la propria difesa e renderli capaci di puntare al titolo. Si arriva così al draft, nel quale Russell viene scelto alla 2 dai Saint Louis Hawks. Auerbach offre così il nativo di Saint Louis Ed McAuley agli Hawks per assicurarsi Russell, il GM degli Hawks rilancia chiedendo anche Cliff Hagan: Auerbach cede e Russell approda così a Boston, con i Celtics che otterranno da quel draft anche Tom Heinshon, grazie alla territorial pick, oltre all’ex compagno di Russell a USF K.C. Jones.

I primi anni

Proprio contro i Saint Louis Hawks Russell farà il suo debutto il 22 dicembre del 1956, segnando soli 2 punti, ma raccogliendo ben 16 rimbalzi. Saranno 14.7 punti e 19.6 rimbalzi di media, ma il rookie of the year andrà al compagno Tom Heinshom. Ai playoff Boston supera 3-0 i Syracuse Nationals, con una gara 2 di Russell da 20 punti, 30 rimbalzi e 7 assist, approdando così alle Finals, dove ci sono i Saint Louis Hawks. Russell è onnipresente sotto le plance, raccogliendo oltre 23 rimbalzi di media, con 19 punti e 32 rimbalzi nella decisiva gara 7, che porterà ai Celtics la vittoria per 4-3 ed il primo titolo della loro storia.

Alla seconda stagione nella lega Bill è già All Star, ma sopratutto MVP, con 16.6 punti e 22.7 rimbalzi a partita, in una stagione chiusa 49-23 dai Celtics. Al primo turno ci sono i Philadelphia Warriors, contro i quali Russell raccoglie ben 40 rimbalzi in gara 4 e 30 nella decisiva gara 5, in una serie che Boston vincerà 3-2, andando così alle Finals a sfidare nuovamente i Saint Louis Hawks, che stavolta vinceranno per 4-1.

Vittorie dei Celtics che diventeranno 52 nella stagione successiva, chiusa da Russell con 16.7 punti e 23 rimbalzi. Ai playoff ci sono i Syracuse Nationals al primo turno: Russell apre la serie con 19 punti e 32 rimbalzi, continuando con 18+32 in gara 5 e nella decisiva gara 7, che consente ai Celtics di accedere alle Finals e sfidare i Minneapolis Lakers. La serie viene stravinta dai Celtics con un secco 4-0 ed è un autentico manifesto del gioco di Russell: una sola volta sopra 10 punti, ma con 29.5 rimbalzi di media.

L’arrivo di Wilt

Il 1959-60 è l’anno dell’arrivo in NBA di Wilt Chamberlain: un autentico gigante per talento e mezzi fisici, che infatti vince l’MVP nel suo anno da rookie. Il miglior record è però ancora dei Celtics, con ben 59 vittorie ed un Russell autore di 18.2 punti e 24 rimbalzi di media. Ai playoff i 2 si affrontano subito alle finali di conference vinte dai Celtics per 4-2 sui Philadelphia Warriors, con Russell da 26 punti e 39 rimbalzi in gara 3. Alle Finals ci sono ancora i Saint Louis Hawks, a cui Russell riserva una gara 2 da 21 punti e 40 rimbalzi, prima di mostrare tutta la sua dedizione alla vittoria coi 22 punti e 35 rimbalzi della decisiva gara 7 che consegna il titolo a Boston.

La stagione 1960-61 è quella del secondo MVP di Russell, autore di 16.9 punti e 23.9 rimbalzi, nei Celtics da 57 vittorie stagionali. Ai playoff è subito sfida coi Syracuse National: Russell apre con 22 punti e 34 rimbalzi, per poi arrivare a 25 + 39 in gara 3 e 25 + 33 nella decisiva gara 5 che manda i Celtics alle Finals contro i Saint Louis Hawks. La serie sarà senza storia, chiusa dai 30 punti e 38 rimbalzi di Russell nella gara 4 che vale il quarto titolo per lui.

La miglior contesa MVP della storia

L’MVP della stagione regolare 1961-62 è probabilmente quello con la concorrenza più agguerrita della storia: Oscar Robertson segna 30.8 punti, a cui aggiunge 12.5 rimbalzi ed 11.4 assist per la prima stagione in tripla doppia di media nella storia della lega (cosa che si rivedrà soltanto oltre 50 anni dopo). Wilt Chamberlain fa ancora meglio, realizzando contemporaneamente la miglior stagione per punti e rimbalzi dell’intera storia NBA, con 50.4 ppg e 25.7 rpg. A trionfare però sarà Bill Russell, con “soltanto” 18.9 punti e 23.6 rimbalzi, ma portando i suoi Celtics a quota 60 vittorie (su 80 partite).

Alle finali di conference si sfidano ancora Russell e Chamberlain. Wilt giganteggia per 3 gare, ma alla lunga il maggior talento dei Celtics viene fuori, con 2 triple doppie da 30 punti e 30 rimbalzi per lo stesso Russell, e saranno proprio questi ultimi ad andare alle Finals a sfidare i Lakers. Anche questa serie è combattutissima: Russell salta soli 3 minuti in gara 1, giocando per intero tutte le successive 6 partite (incluso il supplementare di gara 7), marchiando la serie con una tripla doppia in gara 6 da 19 punti, 24 rimbalzi e 12 assist e con altri 30 punti e 40 rimbalzi in gara 7, ribaltando così il risultato in favore dei Celtics e portandoli al quinto titolo in 6 stagioni.

Gli ultimi 2 MVP

Diventato 3 gli MVP consecutivi di Russell, in una stagione, quella 1962-63, chiusa con 16.8 punti e 23.6 rimbalzi di media e con i Celtics ancora miglior record. Stavolta alle finali di conference Russell sfida Oscar Robertson ed i Cincinnati Royals, in una serie che si decide soltanto a gara 7 in favore dei Celtics, che vanno così a sfidare ancora i Lakers alle Finals. In gara 2 Russell raccoglie ben 38 rimbalzi, mentre sfiora la tripla doppia (12 punti, 24 rimbalzi e 9 assist) nella decisiva gara 6 che consegna ancora il titolo a Boston.

Si interrompe la striscia di MVP di Russell nella stagione successiva, in cui Bill “si ferma” a 15 punti e 24.7 rimbalzi a partita. È ancora sfida RussellRobertson (MVP di quella stagione) alle Conference Finals, con Bill che prende oltre 29 rimbalzi a partita, con un acuto da 35 (con 20 punti) nella gara 5 che vale ancora le Finals per i Celtics. Qui ad attenderli ci sono Wilt Chamberlain ed i San Francisco Warriors, che però soccombono 4-1 portando a 6 i titoli vinti da Russell.

Un’incredibile striscia di vittorie

Arriverà nel 1964-65 il quinto, ed ultimo, MVP per Russell, in una stagione da 14.1 punti e 24.1 rimbalzi. È ancora Bill contro Wilt alle Conference Finals: una serie combattutissima che prende la via di Boston soltanto in gara 7, portando ancora i Celtics ad affrontare i Lakers alle Finals. Qui Bill sfodera un’altra tripla doppia, da 23 punti, 25 rimbalzi e 10 assist, in gara 2, in una serie che si risolve in gara 5 ancora in favore dei Celtics, che vincono così il sento titolo consecutivo.

Per la prima volta nella carriera di Russell nella stagione 1965-66 i Celtics non hanno il miglior record della lega. Le cifre di Bill calano a 12.9 punti e 22.8 rimbalzi. I Celtics sono costretti a passare dal primo turno, nel quale superano 3-2 i Cincinnati Royals, con una tripla doppia da 16 punti, 31 rimbalzi e 11 assist, poi sfidano ancora i 76ers di Chamberlain alle finali di conference, in cui l’apporto di Bill sotto le plance è fondamentale per ribaltare il fattore campo nelle ultime 2 gare, entrambe da oltre 30 rimbalzi, e portare così i Celtics a sfidare i Lakers alle Finals dopo una vittoria per 4-2. Anche questa serie sarà un’autentica battaglia, in cui risulta, ancora una volta, decisiva una sua prestazione da 25 punti e 32 rimbalzi in gara 7, che consegna così il successo ai Celtics.

Bill Russell giocatore – allenatore

Come aveva già annunciato a stagione in corso coach Red Auerbach decide di ritirarsi per passare al ruolo di GM. I nomi che si susseguono per succedergli sono molteplici: lo stesso Auerbach fa prima quello di Frank Ramsey, che declina per altri impegni, poi quello di altri 2 suoi ex giocatori: Bob Cousy, che rifiuta proprio perchè non avrebbe voluto allenare dei suoi ex compagni, ed infine quello di Tom “SatchSanders, che nel rifiutare propone ad Auerbach di chiedere a Bill Russell di assumere quell’incarico. Bill diventa così il primo allenatore afroamericano nella storia di tutte le leghe professionistiche americane.

La prima stagione da coach (anzi, da giocatore-allenatore) di Russell non si discosta troppo dalla precedente: per Bill sono 13.3 punti e 21.8 rimbalzi, con 5.8 assist, il massimo in carriera; ma il miglior record della lega è dei Philadelphia 76ers, con 68 vittorie. I Celtics, nonostante le 60 vittorie stagionali, sono quindi costretti nuovamente a passare per il primo turno di playoff, dove superano i New York Knicks per 3-1, andando così ad affrontare proprio i 76ers di Wilt Chamberlain. Questa volta però l’esito è diverso: Wilt è incontenibile anche per Russell, che, nonostante una tripla doppia sfiorata in gara 3 (10 punti, 29 rimbalzi e 9 assist), vede i suoi Celtics cadere per 4-1.

Il ritorno alla vittoria

La stagione 1967-68 si chiude per Russell con 12.7 punti e 18.6 rimbalzi a partita, con i suoi Celtics che partono ancora una volta dietro i 76ers. Il primo turno oppone Russell e compagni ai Detroit Pistons, sconfitti 4-2 in una serie in cui Bill sfiora la tripla doppia nella gara di apertura (15 punti, 34 rimbalzi e 9 assist) ed in quella di chiusura (15 punti, 23 rimbalzi e 9 assist). Alle finali di conference ci sono ancora i 76ers.

Gara 1 si gioca esattamente il giorno dopo l’assassinio di Martin Luther King, cosa che scuote profondamente i giocatori afroamericani di entrambe le squadre, che chiedono di cancellare la serie. In questo clima quasi surreale però si prosegue; dopo il primo successo dei Celtics Philadelphia si aggiudica le successive 3 partite, grazie ad un Wilt straripante. Nessuno aveva mai ribaltato un 3-1 fino a quel momento. Russell però, fino a quel momento molto scosso dall’accaduto, sale nuovamente in cattedra portando i suoi alle Finals con 3 vittorie di fila. Qui Russell si abbatte sui Lakers come aveva fatto nelle ultime 3 partite della serie precedente e, con medie da 17.3 punti e 21.8 rimbalzi, vince il primo titolo da quando è anche allenatore dei Celtics.

L’ultima stagione

Nella stagione successiva, quella 1968-69, diversi accadimenti turbano ulteriormente Russell, tant’è che i Celtics agguantano i playoff con una stagione da sole 48 vittorie ed il quarto seed ad Est, venendo dati da molti per finiti. Al primo turno però Russell e compagni superano 4-1 i 76ers. Alle finali di conference ci sono i New York Knicks, superati 4-2 con una gara 3 da 21 punti e 23 rimbalzi, approdando così alle Finals, dove trovano ancora i Lakers, stavolta con un rinforzo in più: Wilt Chamberlain.

La serie è nuovamente molto combattuta: entrambe le squadre non riescono ad espugnare il fortino avversario e si arriva così a gara 7 a Los Angeles. Gara 7 non stona con il resto della serie: una guerra senza quartiere per 48 minuti: Chamberlain è costretto a lasciare la partita anzitempo per un infortunio alla gamba, West però è stellare e chiude con 42 punti, 12 rimbalzi e 13 assist, ma il punteggio dirà: Lakers 106 – Celtics 108. Undicesimo titolo in carriera per Russell, che non metterà però le mani sul primo Finals MVP assegnato nella storia della NBA. Il periodo storico però spinge Russell a delle riflessioni, che lo portano ad annunciare il suo ritiro dalla pallacanestro, poichè non riusciva più ad avere le energie mentali necessarie a competere a quel livello.

I primati

Bill Russell, con 11 titoli in 13 stagioni, è l’atleta più vincente in tutte le 5 maggiori leghe professionistiche americane (NHL, NFL, NBA, MLB ed MLS), ex aequo con l’hockeista Henri Richard. Per trovare un cestista che non abbia giocato al fianco di Russell nella classifica dei più titolati è necessario scendere fino ai 7 titoli di Robert Horry.

Oltre a questo Bill, con 21620 rimbalzi è uno dei 2 soli due giocatori ad aver raccolto più di 20mila rimbalzi in carriera e 50 in una sola partita (51 per la precisione), statistiche in cui è superato solo dall’amico e rivale Wilt Chamberlain, che vanta ben 55 rimbalzi raccolti in una sola partita e 23924 in carriera.

I tributi sportivi

Sfortunatamente la lega ha introdotto il premio di MVP delle Finals solo a partire appunto dalla stagione 1968-69: l’ultima disputata da Russell, andando a premiare Jerry West, ad oggi l’unico a vincere il trofeo pur perdendo le finali. Dal 2009 però l’allora commissioner David Stern decise di intitolare proprio quel premio al giocatore più vincente nella storia della lega sancendo che da quel momento si sarebbe chiamato Bill Russell Finals MVP Award.

Nonostante l’aver disputato tutta la carriera indossando la canotta numero 6 dei Celtics i rapporti tra Russell e la città di Boston non sono mai stati idilliaci a causa del forte pregiudizio che aleggiava in una città popolata quasi esclusivamente da “bianchi” appartenenti alle classi più benestanti, al punto che lo stesso Russell ha sempre detto “Ho giocato per i Celtics, non per Boston”. Malgrado questo dal giorno del suo ritiro il suo numero 6 campeggia sul tetto del Garden.

Come tutti sappiamo Bill Russell è venuto a mancare il 31 Luglio scorso all’età di 88 anni e la NBA, per mano del suo attuale commissioner Adam Silver, ha stabilito che il numero 6 non potrà essere più indossato in nessuna delle 30 franchigie e che su ogni parquet dovrà esserci un trifoglio nero con un numero 6 al suo interno per conservare perennemente il ricordo di uno dei migliori di sempre.

L’eredità

Se la lega ha deciso di commemorare Bill Russell in una maniera che non ha precedenti è per una ragione che va oltre quegli 11 titoli conquistati indossando la canotta dei Celtics. È per il suo impegno, profuso non soltanto da giocatore, nella lotta al razzismo, piaga che affliggeva l’America trasversalmente negli anni in cui Russell dominava la lega, ma anche dopo (e che nemmeno ad oggi può dirsi totalmente sconfitta).

Per parlare approfonditamente di cosa abbia significato Bill Russell anche fuori dai campi da basket servirebbe lo stesso spazio che si dedica ai suoi trionfi sportivi, credo che però per riassumere al meglio il suo impegno sia molto utile ricordare che Martin Luther King lo aveva invitato a parlare sullo stesso palco dal quale lui lanciò quel celeberrimo “I have a dream”.

Oggi sentendo lo slogan “More than an athlete” il primo nome che ci balza alla mente è ovviamente quello di LeBron James, da sempre attivo nel cercare di garantire un’educazione ai ragazzi con un vissuto difficile, ma prima di lui, ed ancor prima di Kareem Abdul-Jabbar, ad usare la propria immagine per dare risalto a cause di natura politica e sociale, rischiando anche la propria vita, è stato Bill Russell. Un gigante anche fuori dal campo da basket.

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