Quando abbiamo iniziato questa rubrica con la possibilità di portare le interviste di giocatori professionisti speravamo anche di arrivare un giorno a quelli che giocano nella massima serie. E questa volta ci siamo riusciti, si tratta di Bruno Mascolo, giocatore della Happy Casa Brindisi, attualmente all’ottavo posto in classifica con 10 vittorie e 9 sconfitte con 4 vittorie nelle ultime quattro partite giocate. Il playmaker con la canotta numero 14 è arrivato durante la scorsa estate dopo 3 ottime stagione trascorse con la maglia della Bertram Tortona, con cui ha vinto il premio di MVP delle finali di Serie A2 nel 2021. L’originario di Castellamare di Stabia sta viaggiando a 8 punti di media a partita con 3,1 rimbalzi e 3,3 assist in circa 25 minuti di impiego.
Anche se credo sia abbastanza nota la tua attuale carriera, ci potresti dire da dove hai iniziato a giocare e come si è evoluta la tua carriera fino ad oggi?
Allora io ho iniziato a giocare a casa mia, ho iniziato a giocare a Castellamare di Stabia perché appunto mio padre giocava e mi ha mi ha avvicinato lui fin da bambino al basket. È stato tutto abbastanza naturale cioè nel senso che ho iniziato ad andare a minibasket, poi intorno ai dieci, undici anni quando ho iniziato a capire che fossi un po’ più bravino della media, ho iniziato a prenderci un po’ più gusto e stavo sempre in palestra, tutto il giorno. Mi allenavo sempre con i più grandi, stavo sempre giù al cortile a giocare, insomma è stato molto naturale.
Quali sono state le difficoltà che hai dovuto affrontare quando sei andato a Torino via di casa?
Le difficoltà sono state tante, a quindici anni vai via, lasci la tua famiglia, i tuoi amici obiettivamente per inseguire un sogno. Però insomma sei un bambino, sei un ragazzo. Vai in una città, che è una realtà totalmente diversa e mi ricordo che l’impatto è stato tosto. Mi ricordo il primo mese è stato molto tosto anche perché il mio allenatore dell’epoca era un allenatore tosto e io ero abituato a essere trattato da gioiellino. Però poi lì è stato soprattutto all’inizio quando non giocavamo le partite di campionato ma c’era solo qualche amichevole ed è stata tosta. È stata molto tosta.
Poi dopo, appena iniziato il campionato che il primo anno facevamo under 17, under 19 e poi mi allenavo con la Serie A. E poi ho iniziato a fare le prime partite, che comunque ho fatto vedere che non solo stavo a quel livello, ma riuscivo a far bene, anche lì, mi sono un attimino sentito più a mio agio. Insomma il primo mese è stato di di ambientamento poi dopo è stato molto facile perché ho trovato, a parte i compagni, una società e una situazione perfetta per me quindi sono stati quattro anni bellissimi dove obiettivamente ho trovato difficoltà iniziali ma una volta partito e una volta superato le prime difficoltà è andato tutto molto liscio e sono stato benissimo.
Quali sono i consigli che daresti ad un ragazzo che vorrebbe intraprendere un percorso simile al tuo? Ovvero andare via da casa da ragazzo per giocare
Il consiglio che posso dare ragazzi è quello di pensarci bene nel senso che se è quello che volete fare, se è quello che vi sentite di fare, fatelo e fatelo assolutamente perché poi penso che non ci sia cosa peggiore che vivere con i rimorsi. Perché magari un giorno dici da grande chissà se poi da ragazzo decidevo di andare via da casa e trovare quella roba lì come sarebbe andata.
Provare a fare sapendo che è una cosa molto complessa, molto difficile ma se è la cosa che vuoi fare ci metti il massimo dell’impegno, sembrano le classice cose che si dicono ma veramente se ci metti il massimo dell’impegno vedrai che alla fine le cose vanno come speri e vanno come devono andare. Poi nel caso in cui non va bene, pace, ci hai provato e il mondo è pieno di opportunità insomma ne puoi cogliere sicuramente un’altra.
Qual è il ricordo più bello che hai nella nazionale giovanile?
La Nazionale giovanile sicuramente mannheim perché praticamente è il torneo giovanile più importante al mondo diciamo, lo chiamano il mondiale non ufficiale, nel senso ci sono tutte le nazionali più forti del mondo però non è il mondiale vero e proprio, ci sono Stati Uniti, Turchia, Cina, Brasile tutte quante. E noi siamo stati in grado di vincerlo. L’Italia non aveva mai vinto, solo un argento, se non mi sbaglio degli anni sessanta, una roba del genere. E noi siamo riusciti a vincerlo con Capobianco come capo allenatore, vabbè nella squadra c’era un talento importante, c’era Mussini, Flaccadori, Severini, c’ero io, ci stava ehm Donzelli, Cacace, c’era Rossato pure forse.
Comunque una squadra molto forte che giocava obiettivamente molto, molto, molto bene grazie a Capobianco che è un allenatore secondo me spaziale, tra i migliori italiani senza ombra di dubbio proprio. Quindi sicuramente quella vittoria lì in finale contro gli Stati Uniti è stato e sarà sempre a livello nazionale giovanile la cosa più bella che abbiamo mai fatto. Loro comunque non erano diciamo la classica squadra A però avevano tutti i giocatori che sono adesso tra Eurocup, EuroLega e hanno fatto tutti i Division One di College, erano già tutti giocatori di altissimo livello però noi eravamo noi, giocavamo veramente bene avevamo un talento diffuso, è stata una bellissima esperienza assolutamente.
Ti piacerebbe indossare la maglia della nazionale maggiore? Stai lavorando anche per questo?
Guarda io l’anno scorso l’ho indossata, Sacchetti mi ha chiamato a novembre del duemilaventuno ed è sempre stato il sogno della mia vita andare in Nazionale Maggiore. È sempre stato lontanissimo dalla mia mente ma è sempre stato lì. Cioè è sempre stato il mio sogno. Adesso proprio sono uscite le convocazioni e io ero tra i papabili ma purtroppo è andata male nel senso che hanho chiamato altri ragazzi. Questo ovviamente brucia, perché dà fastidio, però è come al solito un modo per tenere il fuoco acceso insomma, una cosa che ti deve motivare.
Sicuramente la nazionale rimane e rimarrà sempre il mio obiettivo massimo lavoro per quello. Mi miglioro ogni giorno per quello e sicuramente sono riuscito a arrivare a diventare il plamaker titolare di una squadra di serie A che lotta per fare i play off e se me l’avessi detto due anni ti avrei dato del pazzo e adesso sono stata convocato in nazionale a novembre dell’anno scorso e sono stato riserva a casa quest’estate quindi è sicuramente il mio obiettivo ecco, quindi non lo nego assolutamente.
Quale è stata la tua stagione più esaltante per te?
La mia stagione più esaltante è stato sicuramente l’anno che abbiamo vinto il campionato a Tortona, in Lega A2, a parte mia personale è stata sicuramente la stagione che mi ha lanciato perché ho fatto una stagione personalmente di altissimo livello ma come dico sempre tu puoi giocare bene quanto vuoi, evidentemente non sempre perché alcune volte vedo anche gente che gioca bene in squadre scarse però comunque dipende, diciamo dipende. Però se tu riesci a far bene in una squadra che fa bene e va e vince, continua a vincere, vale triplo. Se tu fai bene però è una squadra che fa fatica magari in zona bassa della classifica vuol dire che il tuo giocar bene non impatta la partita in modo positivo e quindi insomma non sei riconosciuto come vorresti. Quindi sicuramente ti dico Tortona, l’anno di Tortona che siamo saliti.
Un tuo pregio e un tuo difetto in campo?
Il mio pregio è sicuramente la generosità in campo tra virgolette, nel senso che do sempre il cento per cento. Qualsiasi esso sia, qualsiasi sia la partita, do’ sempre il cento per cento per i compagni, sempre, perché voglio vincere alla fine della giornata e odio perdere, sono un competitor, nel senso sono uno molto competitivo. Quindi sicuramente quello è il mio pregio più grande, magari difetto e l’altra faccia della medaglia che a volte posso eccedere, posso fare qualche palla persa di troppo o qualche tiro un po’ forzato, soprattutto da ragazzo mi capitava spesso. Adesso crescendo capita di meno, sono maturato negli anni prendo molto anno per anno nel senso che io ogni anno cerco di alzare l’asticella.
Io tu hai che frequente pensi che due anni fa giocavo in Lega due e adesso voglio dire è cambiato tanto. Ogni anno sono riuscito ad alzare il livello. Adesso l’anno prossimo cercherò ancora una volta di alzare il livello. Non so in che modo però un giocatore, una persona molto ambiziosa nel mio lavoro e in generale della vita quindi lavoro per far sì che questa ambizione poi diventi realtà. Non c’è un obiettivo vero e proprio, però sicuramente la nazionale è un obiettivo ultimo però ogni anno devo poter dire di essere salito di livello l’anno scorso.
Qual’è il tuo sogno nel cassetto/obiettivi futuri?
Guarda io la prendo molto anno per anno nel senso che io ogni anno cerco di alzare l’asticella. Se pensi che due anni fa giocavo in Lega due e adesso voglio dire, è cambiato tanto, ogni anno sono riuscito ad alzare il livello. Adesso l’anno prossimo cercherò ancora una volta di alzare il livello. Non so in che modo però sono un giocatore e una persona molto ambiziosa nel mio lavoro, ed in generale nella vita quindi lavoro per per far sì che questa ambizione poi diventi realtà ecco quindi non c’è un obiettivo vero e proprio. Sicuramente la nazionale è un obiettivo ultimo però ogni anno devo poter dire di essere salito di livello rispetto all’anno passato.
Un giocatore professionista come te, come è arrivato a disputare un mondiale 3vs3? Quel tipo di giocare ti ha aiutato nel 5vs5?
Allora guarda, all’epoca io non ero Bruno Mascolo giocatore di serieA, ero Bruno Mascolo giocatore di Tortona al primo anno. Stiamo parlando di un buon giocatore di lega A2 ma che non era ancora esploso. Capobianco ci disse che c’era da fare un Mondiale in Cina e mi ricordo che abbiamo fatto in tutta l’estate delle tappe per allenarci al Mondiale, ed eravamo io, Totè, il mio migliore amico Giorgio di Bonaventura e Fumagalli. È stata una delle esperienze più belle della mia vita, proprio a livello di location e anche perchè il 3vs3 è molto divertente, è uno sport molto fisico però quando giochi un torneo con la maglia della nazionale è diverso, giochi con un brio diverso, dai l’anima in campo quando hai la maglia della nazionale addosso.
Abbiamo perso ai quarti allo scadere contro la Russia che poi ha vinto il mondiale, ti dico, avremmo potuto fare ancora meglio, siamo arrivati quinti alla fine. Perché le altre squadre facevano solo quello, ovvero giocare 3vs3, mentre noi arrivavamo da una situazione completamente diversa. È un esperienza stupenda che consiglio di fare a tutti, anche ai giocatori di 5vs5 perché da’ una gran mano.
Lo stile di gioco del 3vs3 ha influenzato poi quello del 5vs5?
Si diciamo che mi ricordo all’inizio quando sono tornato a Tortona i primi due tre giorni facevo continuamente fallo perché è molto più fisico e ti permettono di metterti le mani addosso molto più di frequente. Sicuramente tieni i contatti molto meno del 5vs5 però il tre contro tre è molto più rapido c’è un pallone è diverso, è proprio un altro sport. Quindi sicuramente ci sta allenarsi nel giusto modo per poi fare bene anche nel tre contro tre. Ecco, chi è buono, nel cinque contro cinque non è sempre buono nel tre per tre anzi, in realtà quasi mai. Perché sicuramente sono due sport totalmente diversi quindi, quindi questo, però lo consiglio a tutti perché è veramente bello.
In un’intervista hai dichiarato di voler fare il dentista nel post carriera? Da dove nasce questa tua volontà?
Sì sì assolutamente io ho la fortuna di avere un padre che è un dentista e ho soprattutto la fortuna che il suo lavoro mi piace molto e mi è sempre piaciuto, d’estate sono sempre nello studio di mio padre, faccio un po’ di gavetta, sto lì con lui e insomma inizio a farmi un po’ le ossa e quando smetterò sicuramente farò il dentista, e porterò anche un bel po’ di tifosi come clienti sicuramente quindi continuo su quella strada là, ovviamente non è semplice conciliare una facoltà così impegnativa col lavoro che faccio però insomma prima o poi ci laureremo e quando sarà, sarà festa grande ecco.
Sei un collezionista? Conservi maglie o scarpe?
Guarda io non ho mai chiesto a nessun giocatore di scambiare la maglia ma ultimamente mi è venuta l’idea in mente, nel senso che con poche persone sinceramente la scambierei, ancora non mi era mai venuto in mente di chiedere la maglia degli altri. Non sono un collezionista però il mio giocatore preferito è sempre stato Hackett da quando sono ragazzo che ho sempre cercato di rivedermi nel suo modo di giocare. Ecco lui sicuramente è una persona che prima di quando smetto gli chiederò una maglia. Anche il Chacho Rodriguez quando ci abbiamo giocato contro io non ci ho pensato, perché quando giochi non non capisci, cioè non ti interessa avere la loro maglia quando giochi però sono giocatori speciali.
L’anno scorso quando abbiamo fatto la Coppa Italia in finale abbiamo perso, il Chacho mi ha chiamato poi a fine partita, mi ha chiamato per nome e mi ha fatto i complimenti dicendomi che gli piaceva il modo in cui giocavo, cioè comunque stiamo parlando di una figata capito, solo poi dopo colleghi e dici il Chacho mi ha detto questa roba qua magari prima o poi gli chiedo la maglia. Però sì sicuramente prima che smetterò chiederò un po’ di maglie in giro.
Ti andrebbe di raccontarci l’aneddoto più strano che ti è successo in carriera?
Eh ce ne sono tanti, ce ne sono tanti. Allora questo è molto molto bello. Cioè nel senso che è molto strano e secondo me se lo metti nell’intervista come titolo farà hype ma non posso dire chi era perché non non mi sembra il caso. Ero a Torino e avevo diciannove anni, era il mio primo anno in serie A1 uno tra i professionisti. E c’era questo giocatore molto particolare e molto strano e mi ricordo che diceva che non si sentiva molto in forma in quel periodo. Noi ci allenavamo alle cinque e questo ragazzo abitava a dieci minuti in macchina dal Ruffini, lui abitava forse in centro non so dove abitasse. Pioveva, diluviava, erano le cinque e ancora non arrivava, cinque meno uno, cinque meno due ancora non arrivava…
Si presenta, io stavo andando in campo, mentre vado in campo si presenta questo totalmente zuppo, sai che vuol dire zuppo? Zuppo, e non entra nello spogliatoio ma diretto in campo zuppo. E io penso “Ma che cazzo ‘sta facendo questo? Che ‘sta facendo? Allora poi se ne va di là, si cambia cioè gli danno qualcosa di nuovo. Quindi questo qua era venuto da casa sua che erano circa sei chilometri e mezzo dal palazzetto a piedi col diluvio, correndo sotto al diluvio questo ragazzo è venuto correndo sotto al diluvio ed era dicembre capito!? Comunque finisce allenamento e senza tornare in doccia si mette il cappuccio e torna a casa a piedi che diluviava. Diluviava proprio capito? C’era tipo l’allerta meteo quei bordelli là, così è tornato a casa, col cappuccio correndo. Sì vabbè ma io ne avrei centinaia di cose da dire che mi sono successe.
Secondo te cosa si potrebbe fare per migliorare in Italia il basket? A livello intrattenitivo ma anche di coinvolgimento di ragazzi per aumentare la cultura cestistica
Passa tanto dai media, secondo me, nel senso che il ragazzino medio di dieci anni si vede la partita di calcio, non si guarda la partita di basket a meno che non abbia parenti, amici oppure non si è innamorato lui della pallacanestro tramite qualcosa, non lo so sinceramente.
Negli ultimi anni è andata meglio nel senso che la pallacanestro è più accessibile, più facile vedersi qualche partita e secondo me stanno provando in qualche modo a pubblicizzarlo il più possibile però mi rendo conto che è complesso in Italia perché siamo una nazione totalmente calciofila, cioè l’italiano medio sa se parli di Gallinari o di Belinelli, se non parli proprio del top dei top di tutti i tempi italiani non sanno manco chi sei ecco. Poi dipende anche dalle dalle zone per esempio a Brindisi il basket è il calcio in realtà perché a Brindisi vivono tutti di basket.
Dove gioco io c’è sempre il parterre pieno, tu quando cammini per strada ti fermano ogni due minuti per fare delle foto. Cioè è bellissimo capito? La vivi in maniera diversa, mentre se vai magari in qualche città del nord (di cui non faccio nomi) è più complesso capito? Perché magari c’è meno cultura lì. Dipende tutto da come cresci ecco. Poi per esempio a casa mia a Castellammare fai fatica anche a trovare un campo d’estate per andarsi ad allenare. Cioè si parte un po’ da dietro però come linea generale credo che bisognerebbe pubblicizzarlo un po’ di più e mi rendo conto che non è facile in Italia con una cultura calcistica così forte.